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Piazze, parchi comunali, sopraelevate, edifici pubblici a altre megaopere hanno spesso una storia comune: milioni di euro spesi per costruirli per poi diventare luoghi di degrado, desolati ricettacoli di divieti. Opere calate dall’alto, che i cittadini non riconoscono come proprie e le istituzioni non riescono a curare come dovrebbero.
Con ‘Oplà facciamoci spazio’ del settembre 2007 è nato a Scampia il Comitato Spazio Pubblico, per promuove riflessioni attive sugli spazi pubblici urbani. In questi mesi abbiamo cercato, e trovato, altri compagni di strada, gruppi e singoli che si prendono cura degli spazi ‘non privati’, costruendo campetti di calcio, autogestendo parchi comunali, battagliando perché ex cinema non diventino centri commerciali, vivendo i campi rom come parti della città. Gruppi che hanno iniziato a prendersi cura della città da soli, avendo capito che non si può rimanere con le mani in mano a aspettare che le cose piovano dall’alto. Azioni di comunità portate avanti spesso malgrado assenze o impedimenti delle istituzioni che avrebbero dovuto occuparsene. Davvero pochi invece i casi in cui le amministrazioni locali hanno saputo scoprire e sostenere le forze sociali già attive sul territorio, unica via per invertire la rotta della città in deriva.
‘Oplà, riprendiamoci la città’ di giugno 2008, vede per la prima volta le reti sociali di diversi quartieri della città organizzare insieme un mese di azioni sullo spazio pubblico urbano, dando vita al Coordinamento Cittadino per gli Spazi Pubblici. L’invito è ancora una volta a tutti (al potere arroccato nel palazzo per paura di perdere la poltrona, a chi ha paura del rione a fianco, all’associazione che ha paura che altre associazioni gli invadano il territorio, al napoletano che ha paura che il rom gli rubi il bambino…) ad uscire dai fortini sempre più blindati costruiti dalla società securitaria.
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